Introduzione
Quattro conti della serva sull'utilità di alcuni corsi di laurea, da riconsultare ogni volta esce una nuova clasifica, analisi etc... Recentemente il problema é stato risollevato da un'articolo de Il Fatto.Il dibattito che si instaura é spesso su due fronti che difendono tesi piu o meno corrette che sono riportate qui in forma molto sbrigativa:
- Tesi 1: le materie umanistiche/sociali sono inutili, chi le sceglie e arranca nel mondo del lavoro se l'é cercata, lo stato non dovrebbe buttare soldi per formare disoccupati
- Tesi 2: lo studio serve per elevare l'individuo, le materie umanistiche danno l'anima a una società che altrimenti si troverebbe persa nell'eseguire lavori piu o meno ripetitivi, lo stato deve mantenere questi corsi di laurea e i suoi studenti
Qui si vuole invece mostrare come, da un lato le materie letterarie non siano inutili, dall'altro come i problemi legati alla sottoccupazione di tali laureati sono dovuti à un'eccesso di diplomati rispetto ai posti disponibili.
Esempio
Per far questo prendiamo ad esempio lo studio dela storia. A parte lo scrivere libri su temi storici che possano essere pubblicati e venduti, o dare consulenze, l'occupazione principale (in linea con il corso di studi) per un laureato in storia é rappresentata dall'insegnamento di questa materia. Sia chiaro che un laureato in storia puo anche dirigere una multinazionale. Scelgo la storia perché, a differenza di altre materie, é possibile quantificare (provare a quantificare) l'ampiezza del mercato del lavoro.Ora, l'insegnamento é un'attività fondamentale in tute le società avanzate, le classi sociali piu elevate si contraddistinguono spesso (ok, non necesariamente i cafoni neoarricchiti) per un elevata cultura e anche nei paesi in via di sviluppo i genitori pagano scuole private se non hanno a disposizione strutture pubbliche adeguate. Insomma, l'insegnamento é importante, e vogliamo tutti imparare la storia.
Ora, prendiamo il caso dell'Italia, considerando (cifre molto somarie):
- il numero di bambini nati ogni anno (500.000)
- il numero di anni di istruzioni (25)
- il numero di ore di lezione annue in storia per ogni alunno (72)
- il numero di alunni per clase (20)
- il numero di ore di lavoro annuali e la percentuale del tempo passato in insegnamento (1700, 50%)
- il numero di anni di carriera di un professore (40)
Ne risulta che ogni anno (anno piu, anno meno) ci sia bisogno di all'incirca 635 nuovi professori di storia. Senza considerare le eventuali abilitazioni che dovrebbero predere per poi poter veramente insegnare e la concorrenza che possono avere da altri laureati in materie letterarie che prendono abilitazioni per insegnare storia.
Diciamo poi che vogliamo scartare i peggiori e non farli insegnare ai nostri pargoli, che c'é bisogno di mantenere la struttura universitaria e gli studi storiografici e che ci siano comunque altri lavori per cui competenze storiche siano richieste. Aumentiamo dunque il numero di laureati annuali necesari del 15% e lo portiamo a 730.
Ora, grazie al sito almalaurea.it, possiamo sapere quanti studenti si sono laureati ogni anno in ogni disciplia. O meglio, possiamo sapere quanti laureati ogni anno si sono presi la bega di rispondere al questionario almalaurea, e assumiamo che siano il 50% del totale. Ne risulta una media negli ultimi 3 anni di all'incirca 1242 laureati. Cioé all'incirca 512 laureati l'anno di troppo, il 42%. Diciamo 500 e 40% per semplicità.
Conseguenze
Questo comporta i seguenti svantaggi:Per i 500 in eccesso: l'impossibilità di fare un lavoro in linea con gli studi eseguiti. Le alternative per loro sono: nuova specializzazione o lavoro non specializzato. In entrambi i casi si perdono soldi.
Per i 730 che hanno trovato lavoro: un salario in media piu basso, dato che volenti o nolenti, piu o meno protetti, é facile rimpiazzarli e é piu difficile trovare un posto di lavoro dalle caratteristiche desiderate (vicinanza alla casa, orari etc...)
Per il resto della società: si ritrova con all'incirca 1250 persone all'anno con problemi di insersione nel mondo lavorativo, e con 500 persone all'anno che, per 5 anni, non hanno lavorato e avranno introiti ridotti per il resto della vita, contribuendo di meno allo sviluppo del resto della società.
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